Mazzini in Europa
30.05.2022 Archiviato in: blog
Nel 1871, alla fine della sua vita Giuseppe Mazzini (1805-1872) scrisse sulle colonne di "Roma del Popolo" "Noi vogliamo gli Stati Uniti d'Europa, l'Alleanza repubblicana dei Popoli....... Senza Patria, non e possibile ordinamento alcuno dell'Umanità. Senza Popoli non può esistere Alleanza di Popoli. E questi Popoli devono ... essere liberi ed eguali, avere coscienza di sé, affermare la propria individualità e il proprio principio”. Era la conclusione del suo pensiero politico. Alla base del quale c’era l’idea di nazione “Una comunità unita dall’idea di possedere principi comuni”. Il concetto era del socialista Philippe Buchez, che Mazzini conosceva bene, ma con Mazzini la nazione divenne il fondamento dello Stato; lo Stato nazionale come lo conosciamo oggi: la riunione di tutto un popolo in uno Stato. Per questo l’Unità d’Italia divenne lo scopo della sua vita. La Giovane Italia , organizzazione da lui creata nel 1831 a Marsiglia aveva appunto lo scopo du unificare l’Italia. Durante il suo esilio svizzero, nel 1834, con lo stesso obiettivo, fondò la Giovane Germania e la Giovane Polonia che, tutte insieme, confluirono nella Giovane Europa. La stessa cosa si sarebbe dovuta fare con gli Stati nazione: una volta costituiti, avrebbero formato insieme gli Stati Uniti d’Europa.
Per lui l’Europa doveva essere “un’Europa di popoli liberi, indipendenti in quanto alla loro missione interna ma associati tra loro a un intento comune sotto la divisa libertà, eguaglianza umanità". Ogni supremazia di un popolo deve spegnersi nella riabilitazione di tutti. L’idea di Stati nazione non era popolare presso i governi dell’epoca. Scardinava lo status quo europeo uscito dal Congresso di Vienna e sarebbe stata la fine degli Stati dinastici. Metternich, che di quello status quo era il guardiano, scrisse che nessuno, nemmeno Napoleone, i re e i papi che aveva incontrato, gli diedero maggiori fastidi che Mazzini, un brigante italiano cencioso, astuto come un ladro, infaticabile come un innamorato e ardente come un apostolo. Più volte condannato a morte, ricercato da tutte le polizie europee, Mazzini passò gran parte della sua vita in prigione o in esilio e sempre in incognito. Morì a Pisa sotto falso nome, poverissimo e malato, a casa di amici ebrei che lo ospitavano.
La sua era una visione etica della politica ma anche della società. La società non è basata solo su diritti individuali ma anche sui doveri che l’uomo ha verso la società. Il suo libro ”Dei doveri dell’uomo” fu tradotto in tutte le principali lingue europee. La società deve basarsi sulla solidarietà e tendere all’eguaglianza senza la quale non c’è vera libertà. L’eguaglianza implica anche parità di diritti tra uomo e donna, incluso il diritto di voto. Mazzini fu un personaggio centrale nella politica europea di buona parte del secolo XIX. Tutti i governi ne diffidavano. Quando nel 1849 divenne il triunviro della Repubblica Romana, Spagna Austria e Francia gli mandarono contro i loro eserciti, per fortuna il suo braccio militare era Garibaldi. Non con tutti i politici ebbe rapporti facili. Marx, che a Londra era quasi suo vicino di casa , lo criticò pesantemente, fino all’insulto. Lo presentava come un rappresentante della borghesia ma di fatto ne temeva la popolarità. All’inizio della Prima Internazionale Socialista (Londra 1864), i mazziniani erano la larga maggioranza. L’intervento di Marx cambiò le cose e Mazzini, che non era presente, ne uscì. Mazzini condivideva l’analisi sociale di Marx ma era opposto al principio di lotta di classe che, secondo lui, avrebbe portato alla creazione di “una gerarchia arbitraria “che non avrebbe potuto durare “senza violenze inaudite” e “avrebbe assunto la dittatura delle antiche caste”. Assai migliori furono i rapporti con Bakunin. Per un certo periodo i due si frequentarono regolarmente. Ebbero sempre stima reciproca e, alla morte di Mazzini, Bakunin scrisse di lui che era il più nobile essere umano che avesse mai incontrato.
Con il socialismo francese, da cui il suo pensiero aveva preso molto, i rapporti divennero via via più difficili fino ad arrivare ad una rottura con i tre intellettuali che ammirava di più: Lamennais, Pierre Leroux et George Sand nonostante con lei fosse legato da amicizia da anni. Ai socialisti rimproverava di non essersi opposti all’ascesa di Luigi Napoleone e di aver trasformato la loro ideologia in una “predicazione materialista”. Luis Blanc gli rispose rimproverandogli di diffondere calunnie. Più facili i rapporti con i radicali francesi come Ledru Rollin, all’epoca deputato al Parlamento francese, con il quale creò a Londra nel giugno del 1850 il Comitato Centrale Europeo per la Democrazia e sempre in quell’anno firmarono insieme l’”Appel aux Peuples” per l’organizzazione della democrazia europea. Una migliore sintonia ebbe con i repubblicani tedeschi e quelli dei Paesi dell’est Europa, forse perché la situazione dei loro Paesi era simile a quella italiana: paesi divisi e occupati dallo straniero. Arnold Ruge deputato al Parlamento di Francoforte, che Mazzini stimava moltissimo, firmò con lui il Comitato Centrale Europeo. Tra gli altri firmatari c’erano Lajos Kossuth, Albert Darasz e Ion Bratianu. Tutti lasciarono un segno nella storia dei loro Paesi nella lotta verso l’indipendenza e l’unità.
Il pensiero di Mazzini rimase attuale oltre la sua morte. Quando dovettero costruire una nazione pescarono a piene mani nel pensiero mazziniano, Gandhi (che lo cita espressamente) Golda Meir, Ben Gurion, Kwame Nkrumah, Jawaharlal Nehru et Sun Yat-sen. E anche nella Società delle Nazioni del Presidente americano Wilson se ne trovano abbondanti tracce. Nel 1919 Wilson, in viaggio verso la Conferenza di Parigi, fece scalo a Genova per raccogliersi davanti al monumento di Mazzini. All’ideale dell’Unità d’Italia Mazzini dedicò tutta la sua vita senza risparmiarsi. L’Italia che vide realizzarsi non era forse come quella che voleva lui, ma il suo ideale era oramai realtà. Secondo l’intellettuale femminista Malwida von Meysenbug, amica di Nietzsche e di Wagner, «Nietzsche diceva che fra tutte le belle vite invidiava specialmente la vita di Mazzini: quella concentrazione assoluta in una sola idea che diviene per così dire una fiamma in cui si consuma tutta l’individualità. Il poeta si libera della potenza di azione che è in lui incarnandola nei suoi personaggi: trasporta l’azione e la sofferenza fuori di sé stesso. Mazzini invece si obiettivava nella sua vita che era la messa in azione ininterrotta della più nobile individualità Era lui il personaggio tragico che accetta il più duro dolore per compiere l’atto ideale”